Come sta Julian? Le ultime news dalla “nobile” Belmarsh e il conto alla rovescia per fermare l’estradizione

Raccontare Julian Assange è difficile e doloroso. L’immagine di un uomo, la cui sola colpa è di essere un giornalista d’inchiesta ed attivista della verità condannato per aver svelato, tra le altre, delle notizie inconfutabili sui crimini di guerra in Iraq e in Afghanistan da parte dei soldati statunitensi, fa male…molto male.

In questo articolo non è necessario ribadire i motivi per cui Assange rischierebbe 175 anni di carcere qualora venisse estradato negli Stati Uniti poiché fondamentalmente ne siamo tutti a conoscenza, trattandosi di una tra le vicende più vergognose nella storia dell’Occidente.  È  bene però ricordare i punti salienti di questo calvario per averne sempre traccia, ma soprattutto raccontare le condizioni di Julian nel carcere duro di Belmarsh affinché tutti sappiano quali sofferenze è costretto a subire. 

Il giornalista e attivista australiano nel 2010, tramite WikiLeaks, da lui fondato, svela documenti statunitensi secretati ricevuti da Chelsea Manning sulle guerre in Iraq ed Afghanistan. Verità scomode racchiuse in un video chiamato “Collateral Murder” nel quale si vedono, attraverso delle riprese di un drone, due apache statunitensi che aprono il fuoco su 18 civili totalmente inermi, tra i quali vi erano due giornalisti della Reuters. Dopo aver aperto una prima volta il fuoco, sparano nuovamente quando un minivan si presta a soccorrere i feriti sul luogo. La cosa gravissima è che dagli audio registrati, i soldati all’interno degli elicotteri si stanno vantando delle loro azioni criminose. 
Grazie a queste importanti rivelazioni la narrazione dominante su quei conflitti viene decisamente ribaltata e il mondo intero viene messo a conoscenza di violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità da parte di un paese che da sempre,incontestabilmente, è considerato la “culla della democrazia”. Da qui inizia la persecuzione di Assange per mano degli U.S.A. 
Passò ben 7 anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador di Londra,con una serie di retroscena gravissimi per mano della CIA a suo danno, che non staremo qui a ribadire. Quando Moreno, da neoeletto Presidente dell’Ecuador, non dette più ad Assange la protezione dal suo Paese, egli fu trasferito nel carcere di massima sicurezza a Belmarsh: la “Guantanamo Britannica”.  

Dall’11 aprile del 2019 Assange non vede più luce dalla sua nuova residenza e la sua unica “Ora d’aria” si trova tra quattro mura con la totale supervisione degli agenti penitenziari.
Sono ormai passati quasi 5 anni da quando Assange vive in cattività in una cella di 3 metri per due, praticamente 23 ore al giorno e la sua ora di “ricreazione” è comunque spesa in una condizione di totale oppressione. Se consideriamo che tutto  ciò si consuma da circa 14 anni nel cuore dell’Europa nella più totale indifferenza, proviamo decisamente vergogna. Ancora più triste è il silenzio assordante dei principali organi d’informazione che tacciono pavidi, e ancor più servili sono le linee editoriali dei giornali per cui scrivono; come sono tali i talk show del mainstream che preferiscono dedicarsi alla “distrazione di massa” per non disturbare troppo i loro padroni e garantirsi un lauto stipendio mentre un loro collega, un giornalista pluripremiato, deperisce da innocente in un carcere di massima sicurezza. Parliamo infatti di un uomo che non è mai stato processato né condannato, eppure rischia di essere estradato negli Stati Uniti a strettissimo giro a seconda dell’esito dell’udienza presso l’Alta Corte di Londra che si terrà i prossimi 20 e 21 Febbraio. Si tratterà della discussione dell’ultimo ricorso presentato dai legali di Assange.

È l’ultima possibilità di cui il giornalista dispone e, se dovesse perderla, potrebbe essere spedito seduta stante negli U.S.A., dove lo attende il carcere a vita ed un processo già scritto dal quale non uscirebbe vivo. A ricorsi esauriti, prima dell’estradizione, l’unica carta rimanente potrebbe essere la CEDU (Corte Europea dei diritti dell’Uomo), ma rimane in ogni caso una possibilità sulla quale contare poco per via delle lunghe tempistiche che richiede e per il fatto che, nel frattempo, il Regno Unito potrebbe approvare una “carta britannica dei diritti umani” sottraendosi alla giurisdizione di Strasburgo e annullando così la valenza della CEDU in UK. 

Per questi motivi, per la difesa dei valori che Assange rappresenta e per il delicatissimo momento che ci troveremo ad affrontare tra meno di un mese, Stella Assange, assieme al suo team e a tutti gli attivisti delle varie città del mondo, sta preparando una grandissima mobilitazione per scongiurare il peggio. 

I sostenitori sono infatti chiamati a radunarsi davanti alle Royal Courts of Justice, il 20 e 21 Febbraio 2024, a partire dalle ore 8:30 del mattino. Per chi non potrà essere a Londra in quei giorni, i gruppi locali presenti in vari paesi hanno organizzato manifestazioni davanti alle ambasciate e ai luoghi più “strategici” delle rispettive città. In Italia saranno: l’ambasciata Britannica di Roma (h. 17:00), il Consolato Britannico di Milano (h. 17:00), il Consolato USA di Napoli (h. 17:00) e la Prefettura di Catania (h. 17:00). (per informazioni consigliamo di consultare il sito freeaassangemergencytoolkit.com, mettervi in contatto con noi o con il gruppo locale a voi più vicino). 

Tuttavia, aldilà dei rischi, gli scenari ai quali potremmo assistere sono del tutto imprevisti. L’esito della sentenza potrebbe essere reso noto anche a distanza di una settimana dalle date indicate e, a seconda delle decisioni prese, Assange potrebbe essere estradato oppure avere un’altra possibilità, in modo che il ricorso venga discusso nuovamente. Nel frattempo rimarrebbe comunque a Belmarsh…

La possibilità che le date del 20 e 21 Febbraio sanciscono il suo rilascio risultano più che remote, a meno che nel frattempo gli Stati Uniti non facciano cadere tutte le accuse nei suoi confronti, come recentemente richiesto da diversi membri del congresso USA…
Per questo, la pressione dell’opinione pubblica ha un ruolo cruciale in questa importante battaglia che diviene sempre più complessa. 

Tornando alla questione riguardante la vita a  Belmarsh, riportiamo le notizie pervenuteci dall’articolo pubblicato diverse settimane fa su “The Nation” in merito alla visita fatta ad Assange da Charles Glass ad inizio Dicembre 2023. Emerge che, oltre all’isolamento dei detenuti all’interno del carcere, questi non hanno momenti di socialità neanche durante i pasti, visto che il cibo viene loro spinto nelle rispettive celle. Questa situazione così coatta rende impossibile la vita del carcerato, tanto che vi sono stati casi di suicidio. Assange è infatti in una situazione mentale e fisica allo stremo anche a causa del cibo della prigione davvero insalubre e misero, che può permettersi alla modica cifra di 2 sterline al giorno. Gli è stato persino impedito di riuscire a vedere la sua famiglia per la vigilia di Natale.  Ha una radio -faticosamente ottenuta il primo anno- che purtroppo neanche funziona più, per via della spina difettosa. Questa sarebbe di fatto l’unico contatto che Julian potrebbe avere con il mondo esterno. Secondo il regolamento del circondario gli internati possono richiedere una radio solo all’interno dei negozi della prigione, ma per lui non ce ne erano a disposizione come deciso dalle autorità. L’isolamento perenne lo ha dunque ormai portato a soffrire di depressione cronica ed avere pensieri suicidi più volte al giorno. È evidente che le condizioni carcerarie di Belmarsh siano tutt’altro che rispettose dei diritti umani.

Andando avanti, Glass racconta che l’unico contatto che Julian ha attualmente con la realtà sono le lettere, le visite delle persone care e…i libri! In merito a questi ultimi, le autorità della prigione gli avevano permesso di tenerne solo 14. Lui non ha demorso ed ora ne ha ben 232. Le autorità hanno così deciso di metterlo alle strette ed obbligarlo a rinunciare a dei libri,poiché troppi, oppure a degli oggetti. Lui ha scelto di rinunciare al letto e dormire su un tappetino da Yoga. 
 Questa è una violazione mirata dei diritti fondamentali del detenuto, e soprattutto una palese violenza psicologica che mina la sua salute mentale. Per un uomo come lui che si nutre di notizie, vivere in una “gabbia” coercitiva che gli impedisce di rimanere in contatto con l’esterno è qualcosa di disumanizzante.  
Un detenuto può leggere tabulati di notizie, quindi  Assange può ricevere le missive da amici e da sostenitori della sua causa. La cosa più triste per Julian in questo periodo così complesso nello scacchiere geopolitico, tra la crisi in Ucraina e a Gaza, è che purtroppo la piattaforma WikiLeaks può poco: viste la sorveglianza e le restrizioni dei finanziamenti, Julian teme un vuoto sempre più grande in merito all’’informazione libera ed indipendente. 
Belmarsh non prevede attività comunitarie o creative , come in altri istituti penitenziari. Il regime è punitivo: circa  700 degli internati sono in custodia cautelare, in attesa di processo o di appello. 
Questi carcerati sono di “serie A” e  rappresentano la minaccia maggiore per il pubblico, la polizia o la sicurezza nazionale e sono accusati di terrorismo, omicidio o violenza sessuale. Pensare che Julian sia tra questi farebbe rabbrividire qualsiasi essere umano che abbia una coscienza ed una morale. Tuttavia, da quanto emerge nella testimonianza di Glass, ciò che sorprende è che Assange non abbia perso comunque quel senso dell’umorismo e quella forza che da sempre lo contraddistinguono, dimostrando un esemplare attaccamento alla vita e alla conoscenza, nonostante tutto. Crediamo, dunque, non sarà mai possibile imprigionare lo spirito e mettere a tacere la voce di una persona che ne rappresenta altrettante in tutto il mondo grazie ai valori che ha difeso per tutta la sua vita. Siamo certi che, in questo, chiunque tenti di distruggere Assange abbia già perso in partenza.

Marianna Marrocco e Paola Riccardi

Free Assange Italia

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