WikiLeaks: il mondo dopo il 9/11

L’attentato dell’11 settembre ha avuto conseguenze su tutta la Storia.
Ma com’è cambiato il mondo dopo quel giorno?

WikiLeaks: i messaggi dell’11 settembre

I documenti presenti sul sito di WikiLeaks vanno dalla fine del 2001 al 2010. Seppure non ritroviamo documenti che facciano luce sull’attentato alle Torri Gemelle, all’inizio del 2009, vennero pubblicati oltre 500.000 messaggi di cittadini e funzionari statali, relativi ai momenti che stavano vivendo durante e dopo l’attentato.
I messaggi coprono un arco temporale che va dall’alba dell’11 settembre all’inizio del giorno dopo. Comprendono comunicazioni delle forze dell’ordine e dei pompieri, di giornalisti e funzionari del Pentagono, ma anche di semplici cittadini disorientati e spaventati.
Questi messaggi permettono di ricostruire i minuti di terrore di quell’11 settembre, e di comprendere come questa tragedia abbia colpito la popolazione statunitense.

Al momento del primo attacco, non era chiaro cosa stesse succedendo. La polizia annunciò una “possibile esplosione“.
Pochi minuti dopo, i cittadini iniziarono a scambiarsi messaggi per avvisare amici e parenti del pericolo e sapere se fossero al sicuro.
Inizialmente, si parlò di un incidente aereo.
Con la seconda esplosione, la prima ipotesi fu un incidente causato dall’esplosione della fusoliera del primo velivolo.
Ma, solo pochi minuti dopo, fece avanti l’ipotesi dell’attentato terroristico e si iniziano a menzionare Al Qaeda e Bin Laden.

WikiLeaks non ha fatto sapere quale fosse la fonte dei messaggi di testo.
Ma si tratta, evidentemente, di dati raccolti da un’organizzazione che si occupava di intercettare le comunicazioni dei cittadini statunitensi da prima dell’attentato.

Dopo il 9/11: la Guerra al Terrore

In seguito all’attentato, Bush avviò la cosiddetta “Dottrina Bush“, ossia una serie di principi ed obiettivi di politica estera adottati dall’amministrazione USA.
Uno dei punti più importanti del programma è la lotta al terrorismo, che darà vita alla cosiddetta “Guerra al Terrore“.

L’obiettivo era sconfiggere i terroristi, in particolare i talebani dell’Afghanistan, ma la guerra fu composta da numerose operazioni in Iraq, Medio Oriente e Africa.
Il Presidente Bush ritenne necessario assumere un atteggiamento interventista in un’ottica di “guerra preventiva” contro quello che chiamò “asse del male“; ossia, un gruppo di Paesi «che si stanno armando per minacciare la pace nel mondo»
Fu così che, nel 2001, gli USA invasero l’Afghanistan dando inizio a quella che sarebbe stata la guerra più lunga (e più fallimentare) degli USA.

I report pubblicati da WikiLeaks negli Afghan War Logs ci permettono di avere un’idea di ciò che succedeva sul campo.
Si trattava di una guerra segreta, combattuta con armi e unità speciali mai viste prima.
Tra queste, la Task Force 373, un’unità d’élite incaricata di catturare e uccidere alti membri di Al Qaeda sulla base di una black list di 200 bersagli. Le esecuzioni avvenivano senza alcun processo giudiziario e, spesso, coinvolgendo donne, bambini e civili.
Allo stesso modo venivano usati anche droni Reaper che, partendo da una base in Nevada, avevano l’obiettivo di colpire e uccidere i talebani.

WikiLeaks riporta anche incidenti mai registrati in cui hanno perso la vita centinaia di civili innocenti.
Si tratta di incidenti controversi, che venivano volutamente omessi o riportati in modo errato. Tra questi, le vittime degli attacchi delle unità speciali o automobilisti e motociclisti disarmati, uccisi per proteggersi da eventuali attentati suicida.

Ma gli Afghan War Logs mettono in luce soprattutto il fallimento di una guerra che gli USA avevano sottovalutato.
Si parla di come i droni non fossero infallibili, e di come i militari fossero spesso costretti ad effettuare operazioni di recupero delle armi.
Inoltre, dai documenti risulta che i talebani fossero in possesso di potenti missili terra-aria molto simili a quegli stessi che, 25 anni prima, gli USA avevano fornito ai mujaheddin per combattere i sovietici.

Nonostante lo scarso successo della guerra in Afghanistan, questa riuscì a proseguire anche grazie alla manipolazione dell’informazione.
In un documento della CIA , viene riportato il modo in cui la scarsa copertura mediatica del conflitto permetteva agli Stati alleati di continuare a fornire supporto agli USA.

Lo scarso rilievo della missione in Afghanistan ha permesso ai leader di Francia e Germania di ignorare l’opposizione della gente e di continuare ad aumentare il numero delle loro truppe

Ma con la pubblicazione degli Afghan War Logs, secondo WikiLeaks, il sentimento verso la guerra cambiò.

Fino a quel momento, la discussione si soffermava su quante truppe fossero necessarie in Afghanistan, e sulle possibilità degli USA di vincere la guerra. Ma, dopo le pubblicazioni, il clima cambiò. Il punto del discorso divenne come uscire da quella guerra. E lo sarebbe stato anche in altri conflitti

Il Pentagono reagì severamente alle pubblicazioni dei report di guerra.
L’allora portavoce Geoff Morrell lanciò un appello a WikiLeaks, intimandoli a rimuovere i documenti.

L’unica soluzione accettabile è che WikiLeaks restituisca immediatamente tutte le versioni di quei documenti al governo degli Stati Uniti e che cancelli una volta per tutte i file dal proprio sito web e dai suoi computer

Ma l’organizzazione rifiutò di rimuovere i file dalla piattaforma.

La guerra terminerà 20 anni dopo, nel 2021, con il ritiro delle truppe da parte del Presidente Biden.
Oggi, l’Afghanistan si trova sotto il controllo dei talebani.

Guantanamo e gli “interrogatori avanzati”

Mentre in Afghanistan si combatteva, un altro lato della Guerra al Terrore si svolgeva nei “black sites“.
Si tratta di luoghi in cui i servizi segreti statunitensi detenevano terroristi e sospettati, praticando “interrogatori avanzati” e torture.

Nel 2010, WikiLeaks pubblicò i Guantanamo Bay Files, che riportavano le torture e gli abusi avvenuti nel tristemente noto carcere di Guantanamo.
Tra i detenuti non c’erano solo terroristi, ma anche individui ipoteticamente collegati ai talebani.
C’era, per esempio, un mullah afghano che, per la posizione che ricopriva, poteva aver avuto contatti con i terroristi. Un contadino di 89 anni affetto da demenza senile, in possesso di alcuni numeri di telefono sospetti. Persino un ragazzino di 14 anni rapito dai talebani, che avrebbe avuto (pur contro la propria volontà) contatti con loro. Ma anche casi di omonimia e persone che avevano fatto un viaggio turistico in Afghanistan.
Per entrare a Guantanamo, era sufficiente indossare un orologio Casio. Questo modello, infatti, veniva connesso a dispositivi esplosivi e utilizzato nei corsi d’addestramento dei talebani.

I prigionieri erano classificati in base al loro livello di pericolosità (alto, medio e basso), il quale veniva definito sulla base degli interrogatori.
Questi, però, erano spesso “avanzati“, ossia svolti con l’utilizzo della tortura.
Tra queste pratiche c’erano:

  • Waterboarding (annegamento simulato)
  • Privazione del sonno o del cibo
  • Posizioni forzate (in piedi, nudo, legato…)
  • Torture psicologiche
  • Confinamento in strettissime bare
  • Alimentazione rettale (per contrastare gli scioperi della fame)

Ma Guantanamo non era l’unico luogo in cui avvenivano torture.
Si tratta solo di uno dei numerosi “black sites“, diffusi in tutto il mondo. Sono stati rintracciati in Polonia, in Afghanistan, in Lituania, in Romania, in Thailandia. In generale, i black sites venivano posti in Paesi con un basso livello di rispetto dei diritti umani.
Le vittime venivano portate in questi luoghi attraverso le “extraordinary rendition“, ovvero cattura, deportazione e detenzione clandestina.
Si trattava di azioni extragiudiziarie, che avevano l’esplicito scopo di sottrarre la vittima a un fair trial che avrebbe contrastato l’attività dei servizi segreti.
Tra il 2001 e il 2005, sono state stimate 150 renditions nel mondo, avvenute con la collaborazione di 54 Paesi (tra cui l’Italia) che fornivano basi aree e mezzi di trasporto.
Tra queste il caso Abu Omar, imam egiziano rapito a Milano il 17 febbraio del 2003. Omar partì dalla base militare di Aviano verso l’Egitto, dove venne torturato e seviziato per essere sospettato di “partecipazione ad organizzazioni di fondamentalismo islamico“.

Nel 2009, il Presidente Obama annunciò la chiusura del carcere di Guantanamo, ma la proposta venne bocciata dal Senato.
La prigione è quindi ancora in funzione, e vi sono detenute 40 persone (15 delle quali si trovano lì dall’anno di apertura, nel 2002).

Il mondo dopo il 9/11

I documenti diffusi da WikiLeaks permettono di comprendere come il mondo sia cambiato dopo l’attentato alle Torri Gemelle.
Con l’11 settembre si è avviata un’epoca di guerre contro il terrorismo, spesso combattute con quegli stessi schemi che si volevano sconfiggere.
Si sono utilizzate unità speciali e nuove armi, tra cui i droni, che avevano l’obiettivo di uccidere gli obiettivi presenti in liste segrete stilate dall’intelligence.
Si è consolidato l’utilizzo della tortura, spesso considerata un “male necessario” per raggiungere un “bene maggiore”, ossia proteggere il Paese dalla minaccia del terrorismo.
Persone innocenti sono finite in carcere per il solo sospetto di avere a che fare con i terroristi, e hanno subito torture ed esecuzioni.

Ma se oggi siamo a conoscenza di ciò che è successo a Guantanamo, dell’esistenza di black sites e dei casi di extraordinary rendition, è grazie a un’informazione libera e indipendente.
Questa, ci permette di avere una visione completa dell’operato delle autorità, e di far sì che questi ne rispondano.

Perciò, è importante che la libera informazione venga protetta e tutelata, perché è lì che si trova la base di ogni democrazia.

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